venerdì 3 agosto 2007

La scommessa turca di Bush

Robert D. Novak Washington Post, 30 luglio 2007

Il pantano iracheno e le crescenti difficoltà in Afghanistan non hanno impedito all’amministrazione Bush di imbarcarsi in una nuova, pericolosa e discutibile missione segreta. Alti ufficiali Usa stanno lavorando al fianco dei loro colleghi turchi nell’ambito di un’operazione militare congiunta per reprimere la guerriglia kurda e catturare i loro leader. Sotto copertura, il loro obiettivo è quello di prevenire un’invasione turca dell’Iraq.
Sebbene siano stati necessariamente predisposti dei dettagliati piani operativi, una bozza generale è stata presentata a un numero selezionato di membri del Congresso come previsto per legge. Le forze speciali Usa sono al lavoro con l’esercito turco per sedare la guerriglia kurda. L’amministrazione Bush sta tentando di prevenire l’apertura in Iraq di un altro fronte, che avrebbe conseguenze disastrose. Ma questa scommessa rischia di portare a un’esposizione e a un fallimento maggiori.
L’iniziativa turca riflette il temperamento e la personalità di George W. Bush. Anche i fedeli sostenitori della sua politica irachena all’interno del Congresso sono rimasti sbalorditi dall’umore ottimistico del presidente, che lo fa sembrare ignaro della perdita della sua base politica. Nonostante il tentativo fallito di imporre una soluzione militare in Iraq, adesso desidera tentare di risolvere con le armi – sebbene clandestinamente – gli storici problemi della Turchia con la sua minoranza kurda, che comprende un quinto della popolazione del Paese.
Lo sviluppo di un’entità autonoma kurda all’interno dell’Iraq, venuta fuori dal declino e dalla caduta di Saddam Hussein, ha messo in allarme il governo turco. Ciò ha condotto al rifiuto di Ankara di consentire alle truppe da combattimento Usa di entrare in Iraq passando dalla Turchia, una complicazione dell’ultimo minuto nell’invasione del 2003. Con l’aumentare del potere politico dei kurdi all’interno dell’Iraq, il governo Turco ha cominciato a sentirsi sempre più insofferente nei confronti del progetto centenario di un Kurdistan esteso attraverso i confini internazionali – e che mangiucchia grossi pezzi della Turchia.
I combattenti assopiti della guerriglia kurdo-turca del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) sono tornati in vita. A partire da giugno, il governo turco aveva mostrato la sua preoccupazione per il traffico di materiale d’artiglieria attraverso il confine. Ankara iniziò a protestare, sia con Washington che con Baghdad, (affermando) che il Pkk stava usando il nord dell’Iraq come base per le operazioni della guerriglia. L’11 luglio, a Washington, l’ambasciatore turco Nabi Sensoy è diventato il primo funzionario turco a sostenere pubblicamente che kurdi iracheni avanzano rivendicazioni in territorio turco. Il 20 luglio, solo due giorni prima della sua felice rielezione, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato un’incursione militare in Iraq contro i kurdi. Mercoledì scorso, Murat Karayilan, capo del consiglio politico del Pkk, ha previsto che "l’esercito turco attaccherà il Kurdistan meridionale". La Turchia ha un esercito ben addestrato e ben equipaggiato di 250 mila uomini nei pressi del confine, per far fronte a circa 4 mila guerriglieri del Pkk che si nascondono nelle montagne del nord Iraq. Ma, di sicuro, delle rilevanti operazioni oltre-confine porterebbero al fianco del Pkk le forze armate del governo regionale del Kurdistan, il miglior alleato degli Usa in Iraq. Che farà Washington nel dilemma tra due amici che si combattono l’un l’altro su un non desiderato nuovo fronte iracheno?
La sorprendente risposta è stata fornita nelle relazioni segrete della scorsa settimana a Capitol Hill da parte di Eric S. Edelman, un ex consigliere del vice-presidente Cheney che ora è sottosegretario alla Difesa con delega politica. Edelman, un funzionario del Foreign Service che un tempo era ambasciatore Usa in Turchia, ha svelato ai deputati i piani per un’operazione sotto copertura delle forze speciali Usa per aiutare i turchi a neutralizzare il Pkk. Essi decapiterebbero l’organizzazione combattente aiutando la Turchia a sbarazzarsi dei vertici del Pkk che hanno avuto come obiettivo per anni.
Gli uditori di Edelman erano senza parole. Non è rischioso? (Edelman) ha risposto di essere sicuro del successo, aggiungendo che il ruolo degli Usa potrebbe essere occultato e sarebbe stato sempre negato. Ammesso che tutto questo sia vero, alcuni dei deputati presenti sono usciti chiedendosi se questa fosse una politica saggia per occuparsi dei bistrattati kurdi, che sono stati traditi così spesso dal governo Usa negli anni passati.
Il piano dimostra che le pesanti esperienze non hanno dissuaso il presidente Bush dall’intraprendere avventure ostiche con l’impiego della forza. Al contrario, i due più intrepidi sostenitori dell’intervento in Iraq - John McCain and Lindsey Graham – sono stati sorpresi da Bush durante un recente incontro con lui. Quando hanno condiviso le loro impressioni con i colleghi, hanno parlato di quanto il presidente non apparisse per nulla preoccupato. Ciò potrebbe spiegare la sua volontà di imbarcarsi in una tale discutibile avventura contro i kurdi.

(Traduzione a cura di Carlo M. Miele)
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